Rossi - Club dei NatiScalzi

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Perché le scarpe impediscono un’andatura "normale"

In che modo i difetti nelle calzature influenzano questa complessa funzione.

di William A. Rossi, D.P.M.
Il Dr. Rossi,  è consulente per l’industria calzaturiera e risiede a Marshfield, Massachusetts (USA).



Ogni anno i consumatori spendono centinaia di milioni di dollari per "scarpe da passeggio" che promettono di rendere la marcia di chi le calza più "corretta" e confortevole. Ogni anno, ulteriori centinaia di milioni di dollari vengono spesi in supporti ortopedici progettati per "normalizzare" il bilanciamento del piede, la stabilità e l’andatura. I podologi ed altri medici empirici prescrivono continuamente terapie e prodotti ad hoc per correggere i problemi di marcia e ristabilire un’andatura "normale". Mentre queste terapie hanno qualche benefico effetto sui sintomi indotti dall’andatura scorretta, sono inefficaci nel ristabilire quella naturale.
Perché? Perché la marcia naturale è biomeccanicamente impedita a chiunque calzi scarpe. Marcia naturale e scarpe sono biomeccanicamente incompatibili perché qualsiasi scarpa tramuta il normale nell’anormale, il naturale nell’innaturale. E nessuna terapia o apparato meccanico, non importa quanto raffinato o ben applicato, può completamente ristabilire una corretta andatura. Vediamo ora se queste affermazioni apparentemente pretenziose possono essere supportate dall’evidenza del conflitto scarpa/andatura. La marcia è la singola funzione motoria più complessa del corpo umano. Così complessa, in realtà, che è l’unica per la quale la definizione di "giusta" o "sbagliata" non esiste. Coinvolge la metà dei 650 muscoli e 200 ossa del corpo, assieme a buona parte delle articolazioni e legamenti. E, a dispetto di tutti gli studi fatti da Ippocrate a noi, tutti i misteri della marcia umana debbono ancora essere svelati. Anzitutto, bisogna distinguere fra "naturale" e "normale". Normale è ciò che è considerato uno standard, una sorta di media. Ad esempio, ognuno si prende un raffreddore di tanto in tanto, per cui il raffreddore è "normale", anche se non è naturale né salutare. Di converso, "naturale" designa lo stato primigenio ed ideale che deriva dalla natura stessa. Per cui la differenza fra normale e naturale è quella che passa fra ciò che è e ciò che potrebbe o dovrebbe essere.
Applicando il concetto alla marcia umana, possiamo dire che nelle società "calzate" molta gente adotta quella che possiamo definire un’andatura "normale", mentre nelle società "scalze" si ha un’andatura "naturale". E ci sono molte differenze tra le due, sia nel funzionamento che nell’(usura?). Nelle società calzate un’andatura visibilmente difettosa può spesso essere corretta e resa normale, ma non può mai essere resa naturale fintantoché si calzino calzature convenzionali. Non è possibile da un punto di vista biomeccanico a causa delle alterazioni di stazione eretta, allineamento posturale, bilanciamento, equilibrio, meccanica e distribuzione di peso del corpo indotte dalle scarpe.Vediamo ora alcuni dettagli sul come le scarpe causino difetti nell’andatura.

Il ruolo dei tacchi
Il ruolo dei tacchi e della loro altezza è stato oggetto di molta letteratura, dal momento che la loro influenza sulla marcia è evidente, specie dai tre centimetri in su.
Scalzi, la perpendicolare che corre lungo il corpo forma un angolo di novanta gradi con il suolo. Su tacchi di cinque centimetri, se il corpo fosse un asse rigido, obbligato ad inclinarsi in avanti, l’angolo si ridurrebbe a settanta gradi, ed a cinquantacinque su tacchi di sette-otto centimetri. Quindi, se il corpo vuole mantenere la posizione eretta, devono intervenire una serie di compensazioni articolari (su caviglia, ginocchio, anca, colonna, testa). In questo aggiustamento riflesso, molte parti del corpo - ossa, legamenti, articolazioni, muscoli e tendini - devono istantaneamente attivarsi dalla testa ai piedi. Se tali aggiustamenti sono richiesti per lunghi periodi, o per l’uso abituale di tacchi alti, come di frequente, tensioni e pressioni diventano croniche, causando o acutizzando dolori alle gambe, alla schiena ed alle spalle, stanchezza ecc. Ma ci sono anche alterazioni interne ed organiche. Ad esempio, quando si sta in piedi scalzi, l’angolo anteriore del bacino femminile è di venticinque gradi; su tacchi bassi di due-tre centimetri, aumenta a trenta; su cinque centimetri di tacchi arriva a quarantacinque; su sette-otto a sessanta. In queste condizioni, cosa succede agli organi pelvici ed addominali? Inevitabilmente, devono adattarsi a cambiar posizione. Calzare tacchi "ragionevoli" di due-tre centimetri previene questi problemi di adattamento posturale? No. Semplicemente si riducono gli effetti negativi. Pertanto, tacchi di qualsiasi spessore ingenerano alterazioni della stazione eretta. (Nota: milioni di maschi indossano abitualmente stivali o scarpe con tacchi alti da tre a otto centimetri di altezza, come per gli stivali "western" o per le scarpe con rialzo interno (modello "Berlusca", N.d.T).
Ma i tacchi hanno altre, meno note conseguenze sull’andatura. Ad esempio, qualunque tacco, basso o alto, richiede una compensazione con inclinazione in avanti della "forma" calzaturiera, che si riflette sulla scarpa. Questa inclinazione si chiama "angolo di cuneo del tacco". Si tratta della pendenza o inclinazione della sede del tacco, retro-fronte, che compensa l’altezza del tacco. Più è alto il tacco, maggiore è quest’angolo. Sul piede nudo, non c’è angolo di cuneo. Il tallone è piatto rispetto al suolo, con il peso corporeo equamente ripartito fra tallone e "ball" (il cuscinetto adiposo corrispondente all’articolazione del primo metatarso con la falange dell’alluce - data l’intraducibilità dell’accezione manterrò l’originale inglese, N.d.T.). Nella scarpa con tacco, l’angolo di cuneo sposta il peso del corpo in avanti, cambiando il rapporto fra le pressioni a 40%-60% per tacchi bassi, fino a 10%-90% per tacchi alti. In questi casi, la sequenza di marcia non è più la classica tacco-punta-dita-stacco, come per il piede nudo. Su tacchi da cinque centimetri in su, il tallone è caricato poco e la spinta è data quasi totalmente dalla "ball".
Su tacchi medio-alti, a causa della ridotta base del salvatacco, la linea di scarico ponderale scivola in avanti, causando la distorsione di una caviglia debole, che cede nella sua parte mediana. Lo spostamento del centro di gravità corporeo altera l’equilibrio della colonna ed impedisce una marcia naturale. Una conseguenza è che l’asse di spinta del tallone si sposta verso l’angolo retro-laterale del salvatacco. Questo non è naturale (? N.d.T.). Il tallone del piede scalzo scarica il peso non in quell’angolo ma al centro, in corrispondenza della protuberanza calcaneare. La "fase plantare" del passo naturale - dal tallone al bordo laterale alla "ball" all’alluce e poi stacco - viene alterata, stravolgendo ulteriormente l’andatura. Veniamo ora ad un ulteriore fattore determinato dai tacchi. Il tallone rialzato nella scarpa accorcia il tendine di Achille e il muscolo gemello. Sia il tendine che il muscolo sono - ovviamente - essenziali alla fase propulsiva della marcia ed alla resistenza nel camminare - cosa che può aiutare a spiegare l’incidenza di atleti di alto livello provenienti da paesi dove l’andare scalzi è normale a tutte le età in discipline quali la maratona. La scarpa col tacco "ruba" molto del suo potere propulsivo da muscoli e tendini della gamba. Ciò non soltanto li stressa oltre misura per ottenere la propulsione richiesta, ma li costringe a "cercare potenza" altrove - ginocchia, cosce, anche e tronco. Un piccolo esercito di rinforzi anatomici deve correre in soccorso di tendine d’Achille e polpaccio. Pertanto un tacco di qualsiasi altezza mette in moto una serie di conseguenze negative sull’andatura, rendendo quella naturale - a piedi scalzi, cioé - impossibile. Ma questo è solo l’inizio.

Rialzo digitale
Se si pone una scarpa, nuova o usata, su un tavolo e la si vede di profilo, rivela un sollevamento della punta che varia tra un centimetro e mezzo fino a due-tre centimetri. Anche di più per scarpe usate. Questo effetto è noto come "rialzo digitale" ed è presente già nella forma di fabbrica della scarpa.
Nel piede nudo le dita restano piatte, con le punte che tendono ad "afferrare" il suolo per migliorare la propulsione del passo. Dentro la scarpa, le dita sono sollevate obliquamente dal suolo, e non possono più adempiere questa funzione.
A cosa serve questo particolare costruttivo nella scarpa? A compensare la mancanza di flessibilità della "ball". Il rialzo crea un effetto bilanciere sulla suola della scarpa, in modo che la suola, invece di flettere come dovrebbe, forza il piede a "rotolare" in avanti come la base curva di una sedia a dondolo. Più la suola è spessa, come in certe scarpe da ginnastica o da lavoro, oppure rigida, come gli scarponi bordati di cuoio Goodyear, maggiore è il rialzo.
Con questo effetto, le dita sono costantemente angolate verso l’alto di 5-20 gradi a seconda dei casi. Dal punto di vista funzionale, sono "costrette a non lavorare", causando una mancanza d’esercizio a 18 dei 19 tendini del piede, cioè quelli a loro collegati. La combinazione dei due effetti, il rialzo digitale e il tallone obliquo, crea un apice angolare sotto la "ball", dove i due piani inclinati convergono. Quest’apice ha una specie di "effetto pugnale" sulla "ball". Ciò è sicuramente una concausa importante delle lesioni e dei sintomi da stress metatarsale. Ma egualmente importante è l’alterazione meccanica della marcia naturale. A causa della sostanziale immobilizzazione dell’alluce e delle altre dita, l’impulso del passo deve arrivare in gran parte dalle estremità metatarsali. Questo non solo le stressa oltre misura, ma causa un’alterazione della camminata naturale.

Rischi causati dalla forma calzaturiera
La "forma", ossia lo stampo sul quale è costruita la scarpa, non è accessibile al cliente, ma ha molte conseguenze sul prodotto finale e sulla marcia di chi lo calza. Ci sono diversi difetti di fabbricazione in molte forme commerciali, ma due in particolare hanno grande rilevanza dal punto di vista dell’andatura. Anzitutto, quasi tutte le forme sono progettate con una svasatura, mentre quasi tutti i piedi seguono un asse dritto. Ciò crea automaticamente un conflitto biomeccanico fra il piede e la forma (ovvero la scarpa). Questa è la ragione principale per la quale praticamente tutte le scarpe si deformano con l’uso - perché il piede e la scarpa sono male accoppiate. Se, a causa di questo conflitto, il piede non può funzionare in modo naturale dentro la scarpa e non può seguire un passo normale o naturale. Un secondo, frequente difetto della forma è la concavità sotto ed attraverso la "ball" che è automaticamente ereditata dalla scarpa.
Perché le forme hanno questa concavità? Per tradizione. Circa 80 anni fa un fabbricante di scarpe scoprì che un piede poteva sembrare più piccolo e snello permettendogli di "sprofondare" in una cavità della scarpa - cavità invisibile - riducendo così il volume visibile al di sopra. Ebbe così tanto successo nella sua missione di far sembrare più piccolo il piede che fu presto imitato da altri fabbricanti. Da allora è assurto a standard nella costruzione della scarpa.
Questa cavità è ulteriormente accentuata dalla stessa costruzione della scarpa, nella quale lo spazio fra la suola interna e quella esterna deve essere riempito con materiale adatto (sughero, gommapiuma, fibra di vetro, ecc.). Tuttavia la combinazione fra la pressione del piede, il calore e il sudore comprime e "spreme via" questa intercapedine.
La combinazione della concavità sotto la "ball" e della compressione dell’intercapedine crea un avvallamento tale da farvi sprofondare le tre teste metatarsali mediane e il contemporaneo rialzo della prima e quinta sul margine della suola. Abbiamo quindi la classica "caduta" dell’arco metatarsale. L’applicazione di un cuscinetto metatarsale direttamente nella scarpa o con una protesi, offre un rimedio - non perché "rialza" l’arcata ma semplicemente perché riempie il vuoto e fa tornare le teste al loro giusto livello. Perciò il ruolo di fulcro delle teste metatarsali e delle dita con il meccanismo di "ancoraggio" a terra per la propulsione del passo è molto ridimensionato. Lo stacco del passo avviene quasi completamente ad opera della "ball", ed è più debole dal momento che la leva parte da una cavità invece che da una superficie piatta. Il lavoro deve essere dunque fatto da altri elementi anatomici - gambe, cosce, anche, il movimento in avanti del tronco e delle spalle - con sollecitazioni in eccesso per loro.

La flessibilità della scarpa
Facendo un passo, il piede scalzo si flette di circa 54 gradi a livello della "ball".
Ma ogni scarpa si può flettere fra il 30 e l’80 per cento in meno a quell’altezza. Questo ovviamente crea una resistenza della scarpa alla flessione del piede. Il piede deve compiere uno sforzo per compiere ognuno dei circa ottomila passi che fa in un giorno. Quest’energia in più causa un’extrasollecitazione ed un affaticamento del piede.Perché la maggior parte delle scarpe non si piegano? Anzitutto una suola media consiste di parecchi strati di materiali componenti: interno, esterno, mediano, fodera, materiale di riempimento e di ammortizzazione. Questo "sandwich" sfida qualsiasi molleggiamento o flessione. Poi, molti tipi di scarpe - da ginnastica, da atletica, stivali da lavoro, da passeggio ecc. - hanno suole spesse che aggravano la situazione.
Molte persone anziane i cui piedi non hanno più l’elasticità e la flessibilità di una volta per aver calzato scarpe per molti anni hanno difficoltà a salire e scendere le scale. Devono usare i corrimano per darsi l’impulso in sicurezza. L’istituto di sanità dice che nel 1994 (ultimo dato) vi sono state 13500 cadute per le scale mortali - e 2500 vittime erano ultrasessantacinquenni. Molti di più gli incidenti che hanno portato a fratture e distorsioni per persone di ogni età. Salire e scendere le scale richiede sia la flessibilità del piede che la potenza di stacco del tendine di Achille e del polpaccio. Se entrambi sono indeboliti e compromessi dall’uso abituale delle scarpe, allora la stabilità e sicurezza della marcia lo sono egualmente. La gran parte della gente, inclusi medici e addetti del settore calzaturiero, fa test di flessibilità della scarpa in modo sbagliato, afferrando la scarpa per le estremità e incurvando la suola. Ma questo movimento la fa flettere in un punto che precede l’altezza della "ball". Se il piede si flettesse a quel modo, i metatarsi si fratturerebbero. Per un corretto test di flessibilità, va appoggiata la suola su un banco, inserita una mano nella scarpa e tenuta premuta con due dita la zona su cui appoggia la "ball". Con un dito dell’altra mano, rialzate la punta della scarpa: se si flette facilmente, allora la scarpa è "flessibile". La resistenza a questo movimento misura il grado di rigidità. Più rigida è la scarpa, più l’andatura risulterà da "piede piatto". Con scarpe rigide o semi-flessibili (la maggioranza) la spinta verso l’alto nel passo proviene quasi del tutto dalla "ball", che quindi compie solo la metà o i tre quarti della naturale sequenza della marcia.

Il peso della scarpa
Molte scarpe hanno un peso eccessivo. Un paio medio di scarpe da sera pesa circa 950 grammi; un paio di scarponi militari circa 1250 grammi; alcuni stivali da lavoro o da campagna fino a 1700 grammi e più. Scarpe da donna, da sera o casual, stanno sui 450-650 grammi, stivali da donna sui 900 grammi.
Un paio leggero da 450 grammi totalizza quattro tonnellate di carico giornaliero da sollevare per il piede (450 g X 6000 passi). Se le scarpe pesano 650 grammi, si arriva ad otto tonnellate e, in generale, ad ogni cento grammi in più si aggiunge all’incirca una tonnellata di carico giornaliero. Questi carichi da sollevare richiedono energia non solo al piede ma a tutto il corpo. E’ una fonte di affaticamento del piede e del corpo tanto comune quanto poco riconosciuta - ed è la ragione per cui si arriva alla fine di una giornata di lavoro attivo stanchi morti e con la voglia di dare un calcio alle scarpe. Si può camminare per parecchi chilometri portando un peso di due chili su ciascuna spalla. Ma non si va oltre i 150 metri con gli stessi pesi legati ai piedi. La ragione è semplice: più il peso è lontano dal centro di gravità, maggiore è lo sforzo per muoverlo rispetto ad esso.
Nessuna calzatura, con qualche eccezione, dovrebbe pesare più di 350 grammi il paio per le donne e mezzo chilo per gli uomini.
Il peso eccessivo della scarpa altera l’andatura naturale. L’"effetto zavorra" e l’assorbimento energetico delle scarpe crea alterazioni nella naturale sequenza del passo - il movimento graduale tacco-> arco laterale-> "ball"-> dita viene disturbato. L’espressione comune "trascinare i piedi" si adatta bene a questa situazione.

La taglia della scarpa
C’è evidenza sostanziale ed incontestabile che nessuna calzatura commerciale "calza" perfettamente, senza riguardo per tipo, marchio, stile o prezzo. Questo succede a causa di una combinazione di difetti insiti nelle forme, nel disegno e nella costruzione della scarpa. Anche la classificazione per taglie è largamente carente (incredibilmente, in USA si adotta ancora il "sistema" introdotto 630 anni fa e "aggiornato" 120 anni fa). Un esempio è la misura della larghezza. Uno studio recente è stato condotto dalla dott.ssa Francesca M. Thompson, responsabile della clinica ortopedica dell’ospedale di S. Luca a New York, su centinaia di donne. La misura media della larghezza del piede all’altezza della "ball" ha fornito il valore di 93 mm, ma le loro scarpe mediamente misuravano, nello stesso punto, meno di 76 mm. Quindi, quasi tutte indossavano scarpe più strette del 20% a quell’altezza. Taglie "attillate" o strette hanno effetti negativi sull’andatura perché il naturale allargamento del piede ad ogni scarico di peso a terra viene impedito. La normale superficie plantare alla "ball" viene diminuita, danneggiando il bilanciamento del piede e la sicurezza della marcia.

La riduzione dell’impronta d’appoggio
Uno dei più insidiosi tra i tanti effetti negativi delle calzature sull’andatura è la riduzione della superficie di contatto col suolo del piede. Col piede calzato, dal 50% al 65% dell’impronta naturale svanisce. Questo si nota facilmente esaminando la superficie della suola di una scarpa. Gran parte dell’usura si concentra nell’angolo posteriore esterno del tacco e al centro della superficie mediana all’altezza della "ball". Il resto della suola in genere è intatto o poco usurato. Un’orma di piede nudo rivela una superficie di contatto dal 50% al 70% più grande. In queste condizioni si ha automaticamente un piede sbilanciato che riceve troppe sollecitazioni su piccole parti che hanno la maggior parte di usura. E’ impossibile per un piede simile avere una "marcia corretta", cioè con la funzione naturale e il pieno appoggio. Un cane (o qualsiasi altro quadrupede) ha una base d’appoggio molto più larga e stabile per il proprio corpo rispetto ad un uomo. Noi umani siamo eretti con una base d’appoggio relativamente piccola sotto di noi e con il centro di gravità alto fino ai fianchi. Il cane ha un centro di gravità molto più basso, oltre ad una superficie d’appoggio maggiore. E’ la differenza fra il tenere in equilibrio sul palmo della mano un piccolo cubo e poi provare a fare lo stesso con una lunga matita appuntita. Ecco perché la metà dei 650 muscoli, 208 ossa più la maggior parte delle articolazioni e legamenti sono destinati a tenerci in piedi e camminare. Devono mantenere eretta l’ "asta" rappresentata dal corpo. A mettere ulteriormente a rischio questo fragile equilibrio della colonna corporea, a cui si è negata più della metà della sua base d’appoggio naturale, è l’adozione di un’andatura estremamente rischiosa biomeccanicamente parlando. E’ ciò che facciamo di solito, a causa dei problemi d’appoggio delle nostre scarpe.

Risposta sensoria
La podologia, purtroppo, assieme a tutte le altre specializzazioni mediche, ha dato poca importanza al ruolo delle forze bioelettromagnetiche terrestri in rapporto alla risposta sensoria del piede, che hanno un’enorme influenza sull’andatura. E’ un campo che la podologia deve assolutamente esplorare, visto che il piede vi è intimamente coinvolto. Le piante e le punte delle dita dei piedi contengono più di 200.000 terminazioni nervose, probabilmente la più alta concentrazione che si possa avere su una comparabile superficie corporea. Le nostre piante così dense di nervi sono il nostro unico contatto tattile con il mondo fisico attorno a noi. Senza di loro perderemmo l’equilibrio e l’orientamento. Se le zampe o i piedi di un animale fossero "insensibilizzati", l’animale non potrebbe sopravvivere nel suo ambiente naturale. Dice l’ortopedico Philip Lewin: "Il piede è il legame vitale fra la persona e la terra, la realtà viva della sua esistenza di tutti i giorni". Gli anatomisti Todd R. Olson e Michael E. Seidel del City College di New York scrivono: "Poiché la pianta è così ampiamente servita da terminazioni nervose, noi usiamo i nostri piedi per rifornire il cervello di una considerevole quantità di informazioni sul nostro ambiente circostante". Quindi c’è un legame vitale fra piede e corpo, piede e cervello che influisce sulla stabilità del corpo, sull’equilibrio e sull’andatura. Di nuovo, questo legame è reso debole dalle nostre scarpe dalle suole spesse e poco flessibili che estinguono gran parte del flusso elettromagnetico e della nostra risposta sensoria ad esso. B. T. Renbourne dell’ospedale inglese di Brookside, ha ricercato molto in questo campo. Egli scrive: "Le scarpe di oggi vestono bene, ma indeboliscono la risposta sensoria del piede al suolo ed alla terra, intaccando l’azione riflessa del piede e dei muscoli della gamba nella marcia. Questo contatto sensoriale è essenziale per una marcia stabile e sicura per il piede". E’ ben noto dall’esperienza comune e da test clinici che i lattanti sono capaci di camminare con molta più confidenza e stabilità a piedi nudi che con le scarpe. In realtà, lo stesso si può dire per gli adulti. Questo non solo per la biomeccanica del piede (flessione, presa delle dita, sequenza tacco-punta, ecc.) ma anche dal sostegno neurale della risposta sensoria. In ogni caso, quando si interpone un diaframma quale la suola della scarpa fra piede e suolo, un certo "blocco sensoriale" è inevitabile, e l’andatura perde energia ed efficienza funzionale.

Il ruolo dei plantari ortopedici
Quanto detto sull’andatura "naturale" richiede che si cambi la prospettiva riguardante l’uso dei plantari - in particolar modo quelli progettati per stabilire o ristabilire l’equilibrio del piede e della marcia. Anticipando la conclusione: l’andatura "naturale" è impossibile per un piede calzato - almeno calzato di scarpe tradizionali per disegno e costruzione. Ed è egualmente impossibile per un plantare indurre una marcia "corretta" e una stabilità corporea e di marcia se è inserito in una scarpa siffatta, non importa quanto sia biomeccanicamente preciso e ben disegnato. Non si può costruire una sovrastruttura sicura e stabile su delle basi o fondamenta con errori di progettazione (la Torre di Pisa ne è un classico esempio). Quanto al ristabilire la marcia normale, scarpe e plantari sono incompatibili sotto il profilo biomeccanico. Se il plantare può aiutare in caso di gravi compromissioni della marcia, non sono una terapia idonea per ristabilire la "naturalità" dell’andatura.

Sommario
Abbiamo sempre supposto che la maggior parte di coloro che calzano scarpe moderne camminino "normalmente". E’ vero solo se usiamo il termine "normale" nella sua accezione di "conforme ad uno standard medio accettato comunemente". Ma la marcia naturale - quella senza difetti di forma o di funzione - è un’altra cosa. Tutte le creature "ambulanti" in natura si spostano in modo naturale, quindi con la massima efficienza. Sono incluse le persone scalze, che sono i soli camminatori "puri" del pianeta. Tutti noialtri, a causa delle scarpe che portiamo, siamo camminatori difettosi a vario titolo e con diversa gravità. E chissà quanti problemi dei nostri piedi derivano, direttamente o indirettamente, da questi difetti posturali e di andatura causati dalle scarpe. Tutto questo suggerisce forse che l’unico modo per recuperare e mantenere un’andatura naturale consiste nell’andare a piedi nudi? Purtroppo sì (CHE PECCATO! N.d.T.). Cioè, fino a quando la "scarpa ideale", depurata di tutti gli errori di progetto, costruzione e prestazione della calzatura tradizionale, non sarà disponibile. Ma, in tutta la storia, nessuno ha ancora disegnato una scarpa siffatta, che al tempo stesso soddisfi le esigenze estetiche e di stile dei consumatori. E le scarpe moderne fatte e modellate su misura? Dovrebbero certamente permettere un’andatura naturale. Neanche per idea. Anche su misura, le magagne biomeccaniche restano -tacchi, inflessibilità, rialzo della punta, peso eccessivo, ecc. che annullano gli effetti del modellamento. Per ironia, la cosa più vicina alla scarpa "ideale" mai prodotta è stato il primitivo, leggero, mocassino senza tacco e con suola flessibile, che risale a 14000 anni fa. Consisteva di un pezzo di cuoio conciato alla meglio ma morbido, con cui si avvolgeva il piede, fermato da lacci di pelle grezza. Et voilà! Su misura, biomeccanicamente funzionale e non ingombrante per il piede e la marcia.
Ma il ruolo del piede nella marcia ha un ruolo anche superiore a quanto la maggior parte dei podologi reputa. Il disegno architettonico del piede e la sua relativa funzione biomeccanica ha reso possibile la nostra tipica andatura eretta, ed il camminare sui due piedi a passo svelto e sicuro.
Questo risultato - probabilmente lo sviluppo bioingegneristico più rilevante in tutta la storia dell’evoluzione - ci ha resi umani, in primo luogo, e ci ha permesso di crescere e svilupparci. Più di qualsiasi altra caratteristica prettamente umana - grande cervello, linguaggio, pensiero astratto, ecc. - la nostra andatura, unica nella storia dell’evoluzione, ha posto le basi del nostro essere uomini. Dice il noto antropologo Frederick Wood-Jones: "Il piede umano è un unicum, diverso da qualsiasi altro. E’ la parte più caratteristica di tutta la nostra costruzione anatomica. E’ una specializzazione propria dell’uomo, il suo segno distintivo e da che uomo è uomo, è il suo piede che lo distingue dal resto del regno animale. E’ l’unica cosa che realmente lo distingue e che gli permette di rivendicarsi come appartenente alla razza umana". Aggiunge Donald C. Johanson, paleoantropologo e capo dell’Istituto delle Origini Umane di Berkeley, California: "L’essere bipedi è ciò che ci ha resi umani". Quindi, l’uomo si erge solitario in mezzo agli altri animali perché è l’unico che può… ergersi. Ci son voluti quattro milioni di anni per sviluppare il nostro piede così unico e la nostra conseguentemente unica andatura, un notevole risultato bioingegneristico. Eppure, in solo qualche migliaio d’anni e con uno sgraziato strumento, le nostre scarpe, abbiamo stravolto la purezza anatomica della marcia umana, inibendo la sua efficienza ingegneristica, affliggendolo con pressioni e tensioni e annullando la sua grazia naturale e la sua spontaneità dalla testa ai piedi. Abbiamo trasformato un bellissimo purosangue in uno stanco ronzino. Certo, a dispetto di tutti questi guai prodotti dalle scarpe, la specie umana sta riuscendo bene (? N.d.T.). Ma potremmo rendere le nostre vite un tantino migliori se potessimo trovare il modo di tornare alla nostra andatura naturale e allo stesso tempo mantenere le scarpe ai piedi.

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