Lewin - Club dei NatiScalzi

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Waltraud Lewin

Impressioni ispirate dalla lettura del romanzo storico
“Federico”


Sulla falsariga di Dante, che nel testo viene citato ripetutamente insieme a Walther von der Vogelweide ed altri poeti medioevali e non, Waldtraut Lewin fa compiere a Truda un viaggio attraverso la storia di Federico II° di Svevia, Imperatore del Regno delle due Sicilie e di Germania che aveva servito come messaggera e che aveva segretamente amato.
Analogamente al capolavoro di Dante, anche questo romanzo può definirsi in parte “Commedia”, nel senso che Truda al termine del suo lungo e impervio viaggio riesce a incontrare Federico, tuttavia non trova risposta alla domanda “Chi sei?”, che porrà a questo personaggio che i vari personaggi interpellati nel corso della trattazione definiscono ora giusto, ora poeta, ora illuminato, ora tiranno, vendicativo e crudele Anticristo. Nella narrazione che si svolge tra una Palermo dove Siciliani, Tedeschi, Normanni, Saraceni, Arabi ed Ebrei convivono pacificamente in un’atmosfera multiculturale che dovrebbe far rabbrividire certi “regnanti” attuali, la Puglia, Roma, il Norditalia e la Germania, vi sono alcuni episodi di scalzismo molto diversi fra loro, ma tutti molto significativi:- Costanza, discendente della corona normanna, si reca con le scarpe in mano alla culla del neonato Federico, suo figlio, per mormorargli in italiano “Maledetto tedesco”: i piedi scalzi servono qui come silenzioso preludio alla sussurrata maledizione del fatto che quel bambino, legittimo erede al trono, regnerà in nome degli Svevi, antagonisti dei Normanni.- Il piccolo Federico, molto perspicace, colto e sfrontato, cresce abbandonato a se stesso nelle strade di Palermo: quando i suoi stivali sono ridotti ai minimi termini, scopre che può benissimo camminare scalzo e, accentuando la sua momentanea condizione di ragazzo di strada, non porterà scarpe fin quando non riuscirà a riprendere possesso del suo palazzo.
- Federico si farà trovare mezzo nudo e scalzo nelle stanze dedicate ai bambini per cercare di invogliare la seconda moglie Isabella a concederglisi per dargli un erede. Alla vista della moglie adolescente si fa gettare il mantello imperiale sulle spalle, ma rimane scalzo alludendo alla nudità “d’obbligo” per generare il legittimo erede. - Bianca Lancia, La Bruna, l’unica cortigiana che se ne infischia del cerimoniale di corte, ha il coraggio di chiamare l’imperatore Federico “mio ben” e di dirgli “ti amo”, accentua la sua spontaneità camminando spesso e volentieri a piedi nudi. Una vera barefooter, insomma. Accoglie il visitatore che le fa un’improvvisata presso una delle sue tenute così come si trova, scalza cioè, senza preoccuparsi di rendersi presentabile. (La sua gioia è stata enorme nel constatare che quel visitatore era il suo tanto sinceramente amato Imperatore.) In due occasioni la si prega di rinunciare ad andare scalza per riguardarsi: la prima volta è Federico stesso a chiederglielo quando aspetta il primo figlio da lui, e la seconda glielo consiglia il medico quando è ormai indebolita dalla malattia che la porterà alla tomba. - Tutte le donne, Truda compresa, soggiornano scalze nel giardino in cui vi è l’albero coi frutti del sapere, alludendo al fatto che per predisporsi a recepire il sapere, è bene liberarsi di tutto ciò che è superfluo.





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